Il tribunale di Trapani (il 14 di ottobre 2019) ha creato un precedente, dichiarando vessatoria la clausola “NON RIMBORSABILE” (la famosa tariffa non rimborsabile usata frequentemente dalle strutture ricettive e dalle OTA).
Le clausole che impongono il pagamento di una penale in caso di disdetta, ovvero che indicano l’adesione all’offerta alberghiera come “non rimborsabile” sono delle clausole vessatorie*, efficaci solo se firmate dal cliente; con la conseguenza che, quando si prenota on-line, l’eventuale spunta della casella delle condizioni generali di contratto non sostituisce la firma e la clausola relativa al pagamento della penale non ha alcun effetto giuridico se non specificamente approvata.
Alla luce della sentenza, un cliente che effettua una prenotazione online (sia diretta sul sito della struttura ricettiva che tramite OTA come booking.com, Expedia ecc) può chiedere il rimborso anche se sul sito e sulle condizioni generali appare la clausola “non rimborsabile”.
* Secondo il disposto dell’art. 1341 c.c., infatti, le clausole contrattuali predisposte da uno dei contraenti che comportano oneri particolarmente gravosi per la parte “debole” del contratto devono essere approvate separatamente per iscritto: sul punto, unanime è la giurisprudenza della Suprema Corte (c.f.r., Cass. Civ. sent. n. 22984/2015).