Tenuto conto della specificità della situazione contingente, il Legislatore italiano si è attivato adottando misure urgenti volte a contrastare la diffusione del virus COVID-19 ed, al contempo, a contenere gli effetti negativi che esso sta producendo sul tessuto socio-economico nazionale.
A tale scopo e con specifico riferimento al settore turistico, il dl 2 marzo 2020, n. 9, ha previsto puntuali misure nel senso sopra indicato, finalizzate ad evitare di porre in ulteriore difficoltà le Imprese del Turismo (tour operator o agenzia di viaggio) che, a causa delle cessazione di ogni forma di viaggio, hanno azzerato la loro produzione e che, pertanto, non sarebbero nella possibilità di eseguire il rimborso di somme che non sono più nel loro patrimonio.
In tal senso, il D.L. 9/2020, nel disporre le misure relative al Rimborso di titoli di viaggio e pacchetti turistici, all’art. 28, comma 5, ha espressamente statuito che: “In caso di recesso, l’organizzatore può offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, può procedere al rimborso nei termini previsti dai commi 4 e 6 dell’art. 41 del citato decreto legislativo 23 maggio 2011, n.79, oppure può emettere un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante”.
Il tenore letterale del testo normativo non lascia adito a dubbio alcuno circa il fatto che la scelta in merito alle gestione delle conseguenze del recesso dal pacchetto turistico – con l’adozione di una tra le opzioni indicate – è rimessa esclusivamente all’organizzatore (C e non al viaggiatore, contrariamente a quanto affermato da alcune Associazioni di Consumatori.
L’intento perseguito dal Legislatore italiano risponde all’esigenza precisa e prioritaria di evitare di porre le aziende in default finanziario, consentendo loro di emettere un voucher di valore corrispondente alle somme versate dai viaggiatori in alternativa al rimborso del prezzo.